Articolo Salute Dieta e alimentazione
I grassi vegetali e la degenerazione della specie. freccelunedì 2 settembre 2013      


Associare i grassi vegetali alla degenerazione della specie umana? Qualcuno di voi penserà ad una provocazione, un azzardo pubblicitario e sensazionalista. Inizio quindi subito col condividere con voi il senso del titolo dell'articolo. Diversi anni fa mi imbattei nei libri della dottoressa Kousmine: senza mezze parole viene usato il vocabolo “degenerazione” per divulgare cosa sta avvenendo ai popoli che adottano uno stile alimentare occidentale. Trovo interessante ed efficace il suo modo di fare terrorismo (sano terrorismo). Ora voglio condividerlo con voi.

Ci vorrebbe un bravo psicologo per spiegare con dovizia di particolari come fanno a infinocchiarci sempre con questa storia che vegetale è buono. Chi si occupa di marketing e di progettazione dei prodotti sa quanto le parole riescono ad essere evocative. Vegetale sa di innocuo, di buono, di naturale. Mi spiace davvero dovervi svegliare dal sonno, persi come siamo nella vallata del bianco mulino, ma per spiegare in poche righe cosa è accaduto all'industria alimentare e alla produzione agricola nel nostro paese dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Siamo un popolo lento ad accettare i cambiamenti (quelli benefici sopratutto), ma molti di noi sanno che presto o tardi le mode extra continentali finiscono col plasmare le nostre abitudini. Così è accaduto anche per il sistema produttivo alimentare.

La produzione da locale e pressoché familiare ha cominciato la lunga marcia verso l'industrializzazione dal secondo dopoguerra. Qualcuno dirà che da popolo affamato quale eravamo (ci puzzavamo de fame direbbe un mio caro, stimatissimo docente) siamo diventati prosperi e opulenti: supermercati e scaffali pieni di ogni varietà di cibo, per tutti i gusti, per tutte le tasche. Altri (io mi associo) hanno più volte sottolineato quanto questo benessere sia mera finzione e tutto questa merce indichi solo una variabile di quantità e non di qualità. Continuo a insistere: se volete prendervi cura della vostra salute dovete occuparvi di quello che introducete. Per fare questo dovete motivarvi a leggere le etichette.

Io una soluzione rapida ce l'avrei (lo dico in particolare a quanti -la maggior parte- mi rispondono di non avere tempo): smettete di comperare prodotti da forno. Sfido chiunque a trovare in commercio prodotti da forno in cui non compaiono grassi vegetali. In alcuni casi qualche azienda si degna di inserire nell'elenco la specie botanica che sta utilizzando, ma nella maggior parte dei casi non è così. Innanzi tutto non sono tenute a farlo, secondo poi non sono degli sprovveduti e sanno quale impatto sulle vendite avrebbe questo accorgimento. A proposito, una volta mi sono imbattuta in una crema spalmabile di un noto discount (acquistata da alcuni amici che chiameremo “i distratti”): era fatta con olio di colza e i produttori si sono preoccupati di farcelo sapere.

Quell'episodio mi ha molto colpito e in tutta sincerità ho pensato che fossero sciocchi più che onesti a dichiararlo in etichetta. I grassi vegetali di per se non sono nocivi. Conosciamo tutti le virtù del declamato olio extra vergine di oliva e degli oli spremuti a freddo. E allora quale è problema? Il problema sta nelle temperature (e non solo) a cui vengono esposti questi grassi. Ricorderete come la margarina fece la sua comparsa sulle nostre tavole. No? Ve lo ricordo io. Il sistema sanitario mondiale era impaziente di trovare un capro espiatorio e il colesterolo ha svolto per diverso tempo questa funzione (ancora oggi paghiamo i danni di questa battaglia mediatica). La connessione risultava evidente: chi si infarta ha nella stragrande maggioranza dei casi il colesterolo alto (perdonate la dialettale semplificazione) e quale miglior rimedio se non quello di eliminare dalla dieta di questi soggetti tutti gli alimenti che lo contengono?

Come spesso accade la realtà è più complessa delle deduzioni umane e di solito il business si insinua in modo diabolico mostrando gli sguardi angelici del benefattore. Fu così che la trasformazione del modello industriale alimentare e la necessità di commercializzare un numero sempre crescente di oli vegetali ha dato vita a prodotti che riuscivano ad avere rese sempre più performanti (sapeste quanto piace questo termine ai tecnologi alimentari). Esponendo questi grassi a temperature e pressioni alte diventavano perfino simili al burro. Un burro vegetale era la trovata giusta per accattivare anche chi aveva problemi cardiocircolatori o chi voleva preservarsi da questi, ma la contropartita era dietro l'angolo.

I grassi vegetali raffinati (vi risparmio l'elenco delle lunghe trasformazioni chimiche e meccaniche a cui vengono sottoposti, ma tenete a mente che i passaggi per depurare un olio che è stato trattato ad alte temperature sono più di dieci) hanno una serie di sconvenienti problematiche di cui le principali sono:
  • morte degli elementi vitali: vitamine, enzimi e altri composti biologicamente attivi, tutte molecole in grado di interagire col nostro sistema immunitario, la cui trasformazione o carenza è in grado di alterare il funzionamento cellulare
  • alterazione strutturale dei grassi: il nostro corpo riconosce con difficoltà le molecole degli acidi grassi così trasformate col risultato di un vero e proprio stato di intossicazione.
Del resto è sotto gli occhi di tutti il crescente numero di malati cronici il cui disagio è imputabile per lo più allo stile alimentare. Mi domando: tutto il tempo che risparmiamo quando smettiamo di prenderci cura di noi e facciamo la spesa senza pensare alle conseguenze, dove va a finire? ©  RIPRODUZIONE RISERVATA
Dott.ssa
Luana  Vignoli - vedi tutti gli articoli di Luana  Vignoli
Dietista


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Ci vorrebbe un bravo psicologo per spiegare con dovizia di particolari come fanno a infinocchiarci sempre con questa storia che vegetale è buono. Chi si occupa di marketing e di progettazione dei prodotti sa quanto le parole riescono ad essere evocative. Vegetale sa di innocuo, di buono, di naturale. Mi spiace davvero dovervi svegliare dal sonno, persi come siamo nella vallata del bianco mulino, ma per spiegare in poche righe cosa è accaduto all'industria alimentare e alla produzione agricola nel nostro paese dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Siamo un popolo lento ad accettare i cambiamenti (quelli benefici sopratutto), ma molti di noi sanno che presto o tardi le mode extra continentali finiscono col plasmare le nostre abitudini. Così è accaduto anche per il sistema produttivo alimentare.

La produzione da locale e pressoché familiare ha cominciato la lunga marcia verso l'industrializzazione dal secondo dopoguerra. Qualcuno dirà che da popolo affamato quale eravamo (ci puzzavamo de fame direbbe un mio caro, stimatissimo docente) siamo diventati prosperi e opulenti: supermercati e scaffali pieni di ogni varietà di cibo, per tutti i gusti, per tutte le tasche. Altri (io mi associo) hanno più volte sottolineato quanto questo benessere sia mera finzione e tutto questa merce indichi solo una variabile di quantità e non di qualità. Continuo a insistere: se volete prendervi cura della vostra salute dovete occuparvi di quello che introducete. Per fare questo dovete motivarvi a leggere le etichette.

Io una soluzione rapida ce l'avrei (lo dico in particolare a quanti -la maggior parte- mi rispondono di non avere tempo): smettete di comperare prodotti da forno. Sfido chiunque a trovare in commercio prodotti da forno in cui non compaiono grassi vegetali. In alcuni casi qualche azienda si degna di inserire nell'elenco la specie botanica che sta utilizzando, ma nella maggior parte dei casi non è così. Innanzi tutto non sono tenute a farlo, secondo poi non sono degli sprovveduti e sanno quale impatto sulle vendite avrebbe questo accorgimento. A proposito, una volta mi sono imbattuta in una crema spalmabile di un noto discount (acquistata da alcuni amici che chiameremo “i distratti”): era fatta con olio di colza e i produttori si sono preoccupati di farcelo sapere.

Quell'episodio mi ha molto colpito e in tutta sincerità ho pensato che fossero sciocchi più che onesti a dichiararlo in etichetta. I grassi vegetali di per se non sono nocivi. Conosciamo tutti le virtù del declamato olio extra vergine di oliva e degli oli spremuti a freddo. E allora quale è problema? Il problema sta nelle temperature (e non solo) a cui vengono esposti questi grassi. Ricorderete come la margarina fece la sua comparsa sulle nostre tavole. No? Ve lo ricordo io. Il sistema sanitario mondiale era impaziente di trovare un capro espiatorio e il colesterolo ha svolto per diverso tempo questa funzione (ancora oggi paghiamo i danni di questa battaglia mediatica). La connessione risultava evidente: chi si infarta ha nella stragrande maggioranza dei casi il colesterolo alto (perdonate la dialettale semplificazione) e quale miglior rimedio se non quello di eliminare dalla dieta di questi soggetti tutti gli alimenti che lo contengono?

Come spesso accade la realtà è più complessa delle deduzioni umane e di solito il business si insinua in modo diabolico mostrando gli sguardi angelici del benefattore. Fu così che la trasformazione del modello industriale alimentare e la necessità di commercializzare un numero sempre crescente di oli vegetali ha dato vita a prodotti che riuscivano ad avere rese sempre più performanti (sapeste quanto piace questo termine ai tecnologi alimentari). Esponendo questi grassi a temperature e pressioni alte diventavano perfino simili al burro. Un burro vegetale era la trovata giusta per accattivare anche chi aveva problemi cardiocircolatori o chi voleva preservarsi da questi, ma la contropartita era dietro l'angolo.

I grassi vegetali raffinati (vi risparmio l'elenco delle lunghe trasformazioni chimiche e meccaniche a cui vengono sottoposti, ma tenete a mente che i passaggi per depurare un olio che è stato trattato ad alte temperature sono più di dieci) hanno una serie di sconvenienti problematiche di cui le principali sono:
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